Che splendido assieparsi di pensieri. Mi hai fatto venire in mente anche un breve libro illustrato di Carlo Fruttero che s'intitola "La linea di minor resistenza": un gioiello che ha impiegato vent'anni a scrivere, a proposito di resistenza.
Eccellente riflessione, da una prospettiva interessantissima.
In modo più prosaico rispetto a quanto hai ben descritto, vedo la resistenza come pura inerzia, come la forza di gravità contabile che ci impedisce di sforzarsi in direzione di qualcosa che i nostri istinti primordiali non vedono. Siamo attratti dalla gratificazione immediata, ma quella stessa forza ci frena laddove quella gratificazione non viene vista, o non sembra compensare il sacrificio.
Non sempre il superamento di quella resistenza porta a un miglioramento. Bisogna scegliere le battaglie da combattere, sapendo dove portano. Ma di sicuro le battaglie dell'uomo auspicabilmente-non-più-scimmia hanno tutte obiettivi al di là della resistenza, su un medio e lungo termine che i nostri istinti non vedono, se non forse dopo travagliatissimi percorsi. Di fatto, tutto ciò che possiamo ottenere di buono nella nostra vita costa, prima o poi, fatica. Come qualcuno disse, "se è buono sputa".
Ma hai giustamente sottolineato che non tutto nasce dall'azione. Abbiamo bisogno anche dell'inazione, seppur non dell'inerzia. Il contrario dello sforzo non è necessariamente l'inerzia della non-azione, ma può essere un "movimento" contemplativo, di ricerca anche gratuita. Una stasi apparente, necessaria a superare i limiti dell'incedere ininterrotto. Se ciò che è buono costa fatica, ciò che è eccellente non può prescindere da un'equilibrio tra azione e inazione.
Che splendido assieparsi di pensieri. Mi hai fatto venire in mente anche un breve libro illustrato di Carlo Fruttero che s'intitola "La linea di minor resistenza": un gioiello che ha impiegato vent'anni a scrivere, a proposito di resistenza.
Allora devo leggerlo, mi interessa! Cerco subito, grazie Andrea :)
Eccellente riflessione, da una prospettiva interessantissima.
In modo più prosaico rispetto a quanto hai ben descritto, vedo la resistenza come pura inerzia, come la forza di gravità contabile che ci impedisce di sforzarsi in direzione di qualcosa che i nostri istinti primordiali non vedono. Siamo attratti dalla gratificazione immediata, ma quella stessa forza ci frena laddove quella gratificazione non viene vista, o non sembra compensare il sacrificio.
Non sempre il superamento di quella resistenza porta a un miglioramento. Bisogna scegliere le battaglie da combattere, sapendo dove portano. Ma di sicuro le battaglie dell'uomo auspicabilmente-non-più-scimmia hanno tutte obiettivi al di là della resistenza, su un medio e lungo termine che i nostri istinti non vedono, se non forse dopo travagliatissimi percorsi. Di fatto, tutto ciò che possiamo ottenere di buono nella nostra vita costa, prima o poi, fatica. Come qualcuno disse, "se è buono sputa".
Ma hai giustamente sottolineato che non tutto nasce dall'azione. Abbiamo bisogno anche dell'inazione, seppur non dell'inerzia. Il contrario dello sforzo non è necessariamente l'inerzia della non-azione, ma può essere un "movimento" contemplativo, di ricerca anche gratuita. Una stasi apparente, necessaria a superare i limiti dell'incedere ininterrotto. Se ciò che è buono costa fatica, ciò che è eccellente non può prescindere da un'equilibrio tra azione e inazione.