Che bella analisi, Martino. Io proprio provo piacere fisico nel leggere e nello scrivere di opere (specie film) che continuano a parlare a tanti giorni dalla visione; e nel continuare a smontarle per rendere evidente quello che ci hanno detto.
Ciao! Ho visto il film solo la settimana scorsa e ho trovato molti spunti in comune con la tua riflessione. Anche a me ha colpito quella scena di buio iniziale, quasi il regista volesse avvertirci di quanto illusorio possa essere quel sentimento di falsa sicurezza che un muro può creare, tra noi e i protagonisti e tra i protagonisti e il campo.
Per quanto riguarda il titolo, anche io ero curioso, e ho scoperto che la “zona di interesse” è proprio il termine burocratico con il quale i nazisti chiamavano la zona di 40 chilometri quadrati adiacente al perimetro dei campi di concentramento.
Che bella analisi, Martino. Io proprio provo piacere fisico nel leggere e nello scrivere di opere (specie film) che continuano a parlare a tanti giorni dalla visione; e nel continuare a smontarle per rendere evidente quello che ci hanno detto.
Ciao! Ho visto il film solo la settimana scorsa e ho trovato molti spunti in comune con la tua riflessione. Anche a me ha colpito quella scena di buio iniziale, quasi il regista volesse avvertirci di quanto illusorio possa essere quel sentimento di falsa sicurezza che un muro può creare, tra noi e i protagonisti e tra i protagonisti e il campo.
Per quanto riguarda il titolo, anche io ero curioso, e ho scoperto che la “zona di interesse” è proprio il termine burocratico con il quale i nazisti chiamavano la zona di 40 chilometri quadrati adiacente al perimetro dei campi di concentramento.
L'ho letto qui se ti interessa: https://www.ilpost.it/2024/02/22/la-zona-di-interesse/
Sì, il film parla di noi... Sono ancora toccata e turbata da questa storia. Grazie per questa riflessione stimolante.