35 - L'architetto
Ibridazione/connettere i punti
Nel 2005, Steve Jobs pronunciĆ² a Stanford un discorso che ĆØ entrato nella storia. Chi lāha ascoltato ricorda solo una delle frasi che lui disse - che tra lāaltro era una citazione e non era nemmeno sua (proveniva dallāWhole Earth Catalog di cui ho parlato qui) - e cioĆØ āStay hungry, stay foolishā.Ā
Io ho sempre trovato piĆ¹ interessante unāaltra cosa che disse, e cioĆØ la questione del āconnecting the dotsā, letteralmente di āunire i puntiniā.Ā
La teoria ĆØ che nellāesistenza umana si fanno cose e ci si appassiona ad argomenti senza sapere bene il perchĆ©. Un giorno lo si capirĆ , ed ĆØ il giorno in cui si connetteranno tutti i punti. Lāesistenza umana procede grazie allāilluminazione di una simbolica lampada che strappa al buio certi tratti di percorso ma difficilmente si puĆ² capire dove conduce il sentiero che stiamo percorrendo. A un certo punto perĆ² le cose vengono illuminate e si capisce perchĆ© la nostra strada esistenziale ci ha fatto conoscere questo o quel luogo (questo o quel concetto).Ā
Lui ne parlĆ² in relazione a uno dei pochi corsi che seguƬ quando era studente in quellāuniversitĆ e cioĆØ quello di calligrafia. Non sapeva se seguirlo gli sarebbe stato utile ma era una cosa che lo interessava. Anni dopo la tipografia divenne uno dei punti di forza del Mac di Apple, e uno dei motivi per i quali i grafici di tutto il mondo cominciarono ad apprezzare e poi idolatrare quelle macchine. In quellāoccasione, a distanza di molti anni, Jobs capƬ che seguire quel corso gli era servito per ciĆ² che avrebbe fatto molto tempo dopo.Ā
Al momento perĆ² non lo poteva sapere.Ā
Un concetto su cui insisto sempre con i miei studenti di Advanced Design ĆØ quello di ibridazione: le nuove conoscenze vengono dalla ricerca ma possono venire anche dal mettere insieme discipline apparentemente distanti fra di loro. La tensione che si genera fra di queste produce sempre una particolare reazione, che si puĆ² tradurre in nuova conoscenza.Ā
Bisogna abituarsi a oscillare e a non aver paura. Seguire le strade note produce solo risultati noti o prevedibili, mentre scartare in diverse direzioni puĆ² avere due esiti: sbagliare strada e non trovare niente di interessante o arrivare dove la strada nota e tracciata non ci puĆ² condurre: a nuove conoscenze.Ā Ā
Tutto ciĆ² richiede dedizione e incoscienza, fatica e sudore (mentali). Ć chiaro che ĆØ piĆ¹ semplice approfondire eventualmente ciĆ² che altri hanno giĆ fatto ma ĆØ anche vero che i modi di ragionare e risolvere problemi di diverse discipline non contigue, che non cāentrano niente lāuna con lāaltra, possono stimolarsi a vicenda, possono far nascere nuove idee.
Il che comporta che, non dal punto di vista professionale ma mentale, bisogna essere architetti.
Lāarchitetto ĆØ colui che sovrintende la costruzione. Per farlo deve conoscere le tecniche costruttive e come queste concorrono fra di loro per concretizzare lāunitĆ dellāedificio. Lāarchitetto quindi non si occupa solo della sua competenza (la forma della costruzione, la sua distribuzione interna, i materiali con cui ĆØ fatta) ma deve conoscere ogni scienza che serve a realizzare lāedificio: deve sapere (avere coscienza, non conoscere nel dettaglio) di strutture, di impianti, di produzione energetica, di impatto ambientale. E, come se non bastasse, deve conoscere leggi e regolamenti, mercati ed economie, persino qualcosa di psicologia.Ā
Non mi riferisco perĆ² allāarchitetto dal punto di vista professionale. Se la mia professione dāorigine mi ha insegnato qualcosa ĆØ, appunto, lāatteggiamento piĆ¹ che altro: essere al di sopra della costruzione e governarla comporta sapere tante cose, ma conoscerle serve ad averne un quadro generale chiaro, capendo soprattutto come si influenzano fra di loro e quale importanza abbiano singolarmente e nel contesto.Ā
Fra le molte professioni, quantomeno da un punto di vista direi filosofico, lāarchitettura comporta la piĆ¹ grande flessibilitĆ mentale possibile. E soprattutto allena a sapere ascoltare le esigenze di diversi attori, comprendendole e cercandone la sintesi finale.Ā
Ovviamente agli studenti ai quali ho la fortuna (non ĆØ piaggeria, la considero davvero una fortuna) di parlare di queste cose ne parlo, appunto, in termini teorici. Non li spingo a diventare architetti, non sono nemmeno architetti nĆ© lo saranno mai a dirla tutta. Quello che mi interessa (per loro) dirgli ĆØ: non pensate che le discilpline e le scienze siano vasi non comunicanti fra di loro, non pensate che quella che viene sintenticamente definita ācomplessitĆ della realtĆ ā non sia una rappresentazione della stessa semplicistica, del tipo āSiccome ĆØ poco chiara, allora ĆØ complessaā. Se la si valuta contemporaneamente da piĆ¹ punti di vista apparirĆ piĆ¹ chiara. Se lāimmagine della realtĆ oggi, nel 2022, ĆØ poco chiara ĆØ perchĆ© la si osserva da punti di vista singoli, ignorando le connessioni fra le parti che esistono, inevitabilmente.
Ogni cosa accade perchĆ© causata da diversi fattori e quanto piĆ¹ si conoscono le forze che danno forma alla realtĆ (politica, sociale, economica, scientifica, tecnologica, filosofica ecc.) tanto piĆ¹ facilmente non solo la si potrĆ capire ma soprattutto se ne sarĆ meno spaventati.
Una foto
Nei giorni scorsi ho pubblicato questa foto con la seguente didascalia: Cy Twombly, Untitled, 1962.
Dalle reazioni (per caritĆ , non un campione di migliaia, direi piuttosto una manciata fra Facebook e Twitter) ne ho dedotto che chi ha osservato questo quadro ha assunto che si trattasse effettivamente di unāopera del 1962 di Cy Twombly.
In veritĆ si tratta di ciĆ² che ĆØ rimasto sulla carta da forno dopo che ho rimosso i petti di pollo alla soia e salsa teriyaki.
Non volevo dimostrare niente se non che spesso la carta da forno e la cottura producono interessanti opere dāarte.
Inoltre
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